La biodiversità: un tesoro dell’umanità

La natura o “Pacha Mama” (Madre Terra), dove si riproduce e realizza la vita, ha diritto che si rispetti integralmente la sua esistenza, il mantenimento e rigenerazione dei suoi cicli vitali, struttura, funzioni e processi evolutivi. Ogni persona, comunità, popolo o nazione potrà esigere dalla pubblica autorità il compimento dei diritti della natura. Lo Stato incentiverà le persone naturali e giuridiche, e le collettività, affinché proteggano la natura, e promuoverà il rispetto di tutti gli elementi che formano un ecosistema.

(Articolo 71 della Costituzione dell’Ecuador)

 

Nel precambriano, circa due mila milioni di anni fa, comparvero sul nostro pianeta i primi batteri dando inizio ad un processo evolutivo che ha fatto della terra un crogiolo di vita vegetale e animale.

Attualmente nel mondo esistono circa 350.000 specie di piante, delle quali più di 80.000 sono commestibili; ciononostante con il modernismo, a partire dagli anni sessanta, si consumano meno di un centinaio di tali specie, tanto che l’85% dell’energia e delle proteine necessarie per la dieta umana provengono da 8 piante: mais, grano, riso, patata, manioca, patata dolce, soia e pomodoro; e da 3 specie animali: suini, polli e bovini.

All’inizio degli anni sessanta i paesi dell’emisfero sud avevano un eccedente commerciale agricolo; alla fine degli anni ’80 questi paesi si sono convertiti in importatori netti di alimenti, dando origine al paradosso delle campagne affamate: “Nelle campagne dei paesi impoveriti che si estendono fra i tropici (fascia dove ha origine l’80% della biodiversità) dove si sono addomesticate le principali specie coltivate, non si dispone di sementi che sono monopolio di poche imprese dei paesi del nord industrializzato.”

Meno di 60 anni fa la quasi totalità delle sementi era prodotta dagli agricoltori o da istituti pubblici mentre attualmente più dell’82% delle sementi presenti sul mercato è proprietà intellettuale ed appartiene alle grandi imprese monopoliste.

Nonostante il predominio delle imprese semenziere che lucrano “commercializzando la fotosintesi”, un quarto degli agricoltori contadini produce ancora le proprie sementi sfidando la minaccia rappresentata da ibridi e transgenici che attentano all’integrità delle coltivazioni tradizionali e mettono a rischio la conservazione di migliaia di varietà. Gli agricoltori contadini, i pescatori, i pastori e le popolazioni indigene costituiscono la colonna vertebrale del sistema che alimenta le economie locali (miliardi di persone con scarse risorse) e sono uno scrigno di agro-biodiversità e di saperi ancestrali.

I paesi andini possiedono una ricca agro-biodiversità grazie ai diversi piani altitudinali che abbondano nella Cordigliera delle Ande ecuatoriali e sub-tropicali, e che costituiscono un paradiso dove le alterazioni del DNA trovano riparo in uno dei tanti ecosistemi, favorendo la comparsa di nuove specie.

La regione che va dall’Ecuador al Chile e comprende Perù e Bolivia, è forse il più importante centro di origine di piante coltivate ed è una zona di ri-diversificazione di specie introdotte che hanno trovato le condizioni ottime per mutare e dare origine a varietà inedite.

La zona è particolarmente privilegiata e nei secoli scorsi è stata visitata da ricercatori di alto livello per studiarne la voluttuosa biodiversità.  Alexander von Humboldt, Charles Marie de La Condamine, Bonpland e Montúfar, José Celestino Mutis, Francisco José de Caldas, Joseph de Jussieu e Wilhelm Sievers fra gli altri, si sono impegnati a divulgare la mega-biodiversità di una zona che è centro di origine di molte specie agricole indispensabili per alimentare oggi l’umanità: la patata (Solanum tuberosum) e le sue 4.000 varietà, la manioca (Manihot esculenta), la patata dolce (Ipomoea batata), il fagiolo (Phaseolus vulgaris) ed il cacao (Theobroma cacao), sono specie senza le quali difficilmente si potrebbero alimentare sette miliardi di persone al mondo.

L’importanza del centro di origine sudamericano si può comprendere studiando il pomodoro (Solanum lycopersicum) e le sue 10.000 varietà oriunde della zona. Oltre alla specie coltivata Solanum lycopersicum ci sono per lo meno altre 9 specie silvestri come S. lycopersicum var cerasiforme; S. pimpinellifolium; S. cheesmaniae; S. abrochaites; S. pennellii, S. neorikii; S. chmielewskii; S. peruvianum, S. chilense che, seppur non tutte commestibili, hanno apportato i geni per ottenere i tipi di pomodoro che si coltivano attualmente, sia per resistere alle malattie, siccità o eccesso di umidità, sia per dare un maggior contenuto di solidi solubili vitamine, ecc. Vale a dire che senza il contributo dei parenti silvestri che crescono nel centro di origine non potremmo sfruttare il pomodoro così come lo conosciamo oggi; lo stesso succede anche con le altre specie coltivate.

Attualmente sulla sierra e nelle valli della cordigliera andina del sudamerica esistono piccole unità agricole che continuano ad essere importanti riserve di agro-biodiversità. Nella piccola valle Casanga, nella provincia di Loja nel sud dell’Ecuador, si coltivano 104 specie e 243 varietà a dimostrazione che i piccoli agricoltori sono i veri conservatori “in situ” della agro-biodiversità. Essi sono i guardiani della maggior parte di specie e geni, mentre ogni giorno nel mondo si perdono importanti varietà necessarie per la sicurezza alimentare o si seminano solo quelle richieste dalla agro-industria o dal mercato globalizzato.

La perdita accelerata di agro-biodiversità pone in pericolo l’alimentazione delle future generazioni, dato che senza il “capitale naturale” non sarà possibile nel futuro ottenere nuove varietà che resistano alle malattie e siccità causate dal riscaldamento globale.

Fino a quando i piccoli agricoltori, con entrate pro capite fra le più basse al mondo, potranno continuare a mantenere tali riserve di geni indispensabili per alimentare l’umanità? Fino a quando resisteranno all’invasione degli ibridi, che offrono maggiori rendimenti ma obbligano alla dipendenza dalle multinazionali e condannano alla perdita di varietà? Fino a quando potranno rifiutare le promozioni delle imprese che commercializzano sementi ibride accompagnate da pacchetti di agro-chimici di sintesi?

Senza la salvaguardia dell’agro-biodiversità, le future generazioni affronteranno vere catastrofi alimentari perché una volta persa la ricchezza genetica, che ha richiesto migliaia di anni, non si potrà più recuperare nonostante le moderne biotecnologie.

Se la politica, l’industria ed i consumatori appoggiano gli agricoltori contadini, proteggono i centri di origine e collaborano alla conservazione dell’agro-biodiversità, sarà possibile garantire, oggi e sempre, la produzione degli alimenti necessari per la popolazione mondiale.

Dr. Rafael Morales Astudillo
Università Nazionale di Loja – Ecuador
Coordinatore Nazionale della Rete Bio

Carlo Bertolini
Cooperante COSV in Ecuador