Helsinki: il dialogo tra le comunità, oltre i confini, per la risoluzione dei conflitti

Il dialogo è, a tutti gli effetti, uno strumento di peacebuilding. Con questo assunto, da ormai tre anni, ad Helsinki, si tengono le National Dialogue Conferences: una serie di incontri che coinvolgono operatori e stakeholder su scala internazionale, con la convinzione che il dialogo tra e nelle nazioni possa condurre le società attraverso un profondo processo di cambiamento dagli effetti intensi e positivi, specie nel lungo periodo.

 

In questa occasione, emerge il ruolo chiave del networking a livello internazionale: la molteplicità degli interessi e delle opportunità in gioco nei diversi contesti, sottende infatti l’esistenza di una serie di attori che possono tanto incoraggiare quanto compromettere in maniera definitiva i processi di dialogo. Queste dinamiche sono state il fulcro della discussione di questa edizione delle National Dialogue Conferences: “Le influenze a livello regionale e locale”.

 

Nelle giornate del 5 e 6 aprile, anche il COSV ha preso parte all’evento, partecipando alla sessioneLocal Dialogue in the absence of National Dialogue, un dibattito incentrato sull’area mediorientale, con un focus particolare su Siria e Libia. Nei diversi conflitti che affliggono il Medio Oriente, esiste un chiaro bisogno di dialogo nazionale, che si scontra ogni giorno con l’intensità della guerra e l’insufficienza dello spazio politico. Gli interventi dei diversi partecipanti hanno puntualizzato le potenzialità e le sfide insite nello strumento del dialogo, con uno sguardo alla necessità di inclusione e di definizione di un ruolo delle donne nei processi di peacebuilding.

 

Nell’approcciarsi alla riflessione sulle conflittualità mediorientali, non si può pensare di concentrarsi su dinamiche di ostilità circoscritte ai confini statali (se di entità statali si può ancora parlare), quando, di fatto, paesi come la Siria sono divenuti arena di scontri per attori regionali e internazionali.

In questo tipo di conflitto, la soluzione alla crisi non è più rintracciabile unicamente nelle mani dei siriani e il percorso che conduce ad un genuino “dialogo nazionale” è lungo e pieno di ostacoli. Tuttavia, il ruolo della società siriana nel determinare la pace o la guerra rimane di primaria importanza.

 

Ciò che auspichiamo, è il raggiungimento di una soluzione sostenibile, che raccolga le comunità locali attorno ad uno stesso tavolo di discussione, costruito su bisogni condivisi e benefici comuni. In quest’ottica, abbiamo tenuto a sottolineare quella che riteniamo essere la best-practice del nostro approccio in Medio Oriente, da condividere con gli stakeholder e gli operatori di peacebuilding: l’incoraggiamento di dinamiche socio-economiche di integrazione a livello locale, tra le comunità, attraverso i confini.