Sud Sudan: sanità, nutrizione e istruzione per affrontare l’emergenza

“L’accesso alle aree in cui lavoriamo è il nostro problema principale in Sud Sudan: interveniamo infatti nello stato di Jonglei, schiacciato tra l’esercito governativo e le milizie ribelli. L’area è stata duramente colpita dal conflitto: il nostro centro di salute e il compound sono stati distrutti, più di 25.000 persone sono state costrette a scappare nella zona più a nord della contea di Ayod e anche noi ci siamo spostati, per stabilire le nostre attività a Jiech e da qui supportare la popolazione. Ma per raggiungere l’area con i charter e portare provviste, medicinali, i kit per le scuole e i kit di nutrizione dobbiamo richiedere specifici permessi alle autorità delle due parti coinvolte nel confitto” – racconta Peter Claver Olore, il nostro coordinatore paese in Sud Sudan. “La situazione è davvero critica, lavoriamo per aiutare la popolazione ad affrontare questa grave crisi e a trovare una via di uscita da tanta sofferenza”.

 
L’intervento che stiamo realizzando in Sud Sudan si concentra su tre filoni: la sanità, la nutrizione e l’istruzione. Dopo la distruzione del Centro Sanitario di Ayod, abbiamo spostato le attività di salute e nutrizione a Jiech: da qui forniamo medicinali – come antibiotici, antimalarici, sverminanti, antidolorifici e altre medicine – e i kit di nutrizione. Solo sette strutture sanitarie di base sono sopravvissute alla distruzione nella contea di Ayod: sono quelle di Mogok, Canal, Jiech, Pagil, Wau, Menime e Haat – tutte collocate in quattro payam (divisioni amministrative del sud sudan) della contea. Le strutture sanitarie riescono solo a fornire medicinali di base attraverso un approccio in remoto, ma l’accesso alle strutture è difficoltoso e lo staff sanitario di Mogok e Canal deve raggiungere Jiech a piedi per poter prendere i medicinali. Altre strutture rimangono del tutto inaccessibili, a causa dell’insicurezza e dell’interruzione delle vie di comunicazione di terra ed aria. Alcune persone dello staff sanitario che lavoravano con noi al centro di Ayod sono tra gli sfollati di Jiech: sono in grado di fare le prime diagnosi e di dare un supporto di base ai pazienti, e a Jiech stanno continuando ad aiutare la popolazione con le loro competenze.

 
La cura materno-infantile, al centro del nostro intervento in Sud Sudan, è ora gestita quasi interamente dalle levatrici tradizionali, alle quali forniamo dei kit per metterle in grado di assistere ai parti con almeno gli standard sanitari di base. Nel mese di maggio, Rejoice, la nostra ostetrica, è riuscita ad andare a Jiech ed ha incontrato 500 donne: la rete comunitaria funziona ancora e il suo arrivo è stato annunciato con grande anticipo alle donne incinte, che l’hanno raggiunta per consulti, supporto e cure.

 
L’istruzione non è stata inserita tra le priorità del piano 2014 di risposta alla crisi umanitaria in Sud Sudan, ma come COSV crediamo che sia un settore chiave per aiutare i bambini e i ragazzi ad affrontare la crisi e superare il dolore. Le scuole hanno chiuso nel gennaio 2014 e solo a maggio alcuni insegnanti hanno deciso di riprendere le lezioni, dopo la nostra distribuzione dei kit per le scuole ricevuti da UNICEF: in una sola settimana sono stati 147 gli studenti iscritti e 15 gli insegnanti pronti a ripartire. Gli inseganti lavorano perlopiù a titolo volontario, molti edifici scolastici sono stati distrutti e alcuni non hanno più le infrastrutture di base e le classi si riuniscono all’ombra degli alberi. Lavoriamo insieme al dipartimento dell’istruzione, fornendo i kit per l’istruzione in emergenza con penne, matite, righelli, quaderni degli esercizi. Un altro kit, pensato per ogni scuola, è dedicato alla ricreazione, allo svago: contiene una palla da calcio, un pallone da basket e corde per saltare. E’ importante ricreare una stabilità per i bambini e i ragazzi, per permettere loro di sentirsi al sicuro e, anche se per pochi minuti, allontanare dai loro pensieri la violenza che li circonda.

 
“Dopo aver visto che alcune scuole stavano riaprendo, altre 9 scuole – con 3.234 studenti (di cui 2276 maschi e 958 femmine) iscritti – hanno contattato il dipartimento dell’istruzione per chiedere i kit, ma al momento non siamo in grado di rispondere a tutte le richieste” – dice Peter Claver Olore. “Stiamo lavorando per far si che tutte queste 9 scuole possano riaprire. Crediamo infatti come COSV che attraverso l’istruzione si possano creare per i ragazzi le condizioni necessarie per una vita migliore. Sostenendo il loro accesso all’istruzione, permettiamo loro di crescere in una direzione che aiuterà il loro futuro”.